Buon andamento in questi giorni, tra i treasuries italiani, del BTP in scadenza al 1° febbraio 2037 (ISIN: “IT0003934657”; “BTP4%01feb37”) che, in coincidenza del ritorno del MIB sopra quota 24mila, e della generale euforia del finanziario italiano ed europeo, ha ritrovato la forza di superare i 120€ abbandonati a metà dicembre scorso quando era iniziata la discesa che avrebbe toccato i 115,72 euro il 3 gennaio (minimo annuale del 2018).
GLI ANDAMENTI SUL MOT
Al fixing del 7/5/18 il bond ha chiuso con un lusinghiero +0,36% a 123,6€ muovendo 237 contratti, sostanzialmente ai livelli visti dai primi di aprile scorso, dopo aver toccato il massimo del 18 aprile di 124,66 (fonte: Borsa Italiana). Una sostanziale lateralizzazione dovuta da un lato al ritorno di alcune risorse verso l’equity italiano (giusto per il break della barriera psicologica dei 24mila del MIB) e dall’altro al fatto che l’aumento del dollaro delle ultime settimane potrebbe aver fatto liquidare alcune posizioni detenute negli USA – riportando, anche in questo caso, liquidità verso il mercato locale sia a livello azionario che nell’obbligazionario.
Il titolo, negoziato sul MOT e mosso da Market Makers come UniCredit, ICCREA, Banca Sella, IMI, Akros, Simetica, Method Investments & Advisory Limited e MPS Cap. Svcs., frutta interessi annui lordi posticipati pari al 4% del valore nominale del prestito, pagati ogni sei mesi il 1° febbraio e il 1° agosto (inizio dal febbraio 2006).
RENDIMENTI E CEDOLE
A prima vista il rendimento del bond sembrerebbe buono, con il suo 2,29% annuo netto: fermando 50mila€ si porta a casa un coupon di 2mila euro lordi, da cui si deve detrarre l’imposta agevolata tipica dei treasuries italiani con aliquota al 12,5% (e quindi portando il rendimento reale a 1.145€!).
Rendimenti e cedole, tuttavia, non sono la stessa cosa! Mentre il rendimento è il ritorno effettivo che tiene conto di quanto è stato speso per comprare il bond in relazione a quanto si otterrà alla scadenza, la cedola (coupon) indica il guadagno calcolato sul valore nominale del titolo
I RISCHI DI UN RIALZO DEI TASSI
Se, per effetto dell’inflazione e dell’aumento del tasso di sconto, i tassi dovessero genericamente salire, c’è rischio che il bond – con scadenza così lunga – veda una discesa rapidissima del valore (a un 1% di aumento dei tassi corrisponderebbe, ad esempio, un calo del 14% del valore del t-bond), costringendo il possessore o a tenere fermo il capitale investito fino al 2037 oppure a vendere perdendo parecchio: la cosa più logica sarebbe attendersi infatti che il mercato si orienti su bond più ‘freschi’ e adeguati ai nuovi tassi, attirando così risorse finanziarie a scapito di strumenti più ‘vecchi’!
Ma anche la strategia di attendere la scadenza naturale del bond potrebbe non rivelarsi utile più di tanto, visto che il rendimento fissato all’emissione potrebbe essere ben poca cosa rispetto a quanto lo stesso possessore potrebbe ottenere comprando i nuovi t-bond a tassi più alti.
Per questo motivo, lo strumento potrebbe risultare un po’ troppo lungo per garantire sonni tranquilli, spingendo magari a cercare titoli a rendimenti più alti (anche se più costosi all’acquisto…) che possano dare garanzia di reggere ad eventuali tassi in aumento dei prossimi anni, quando è previsto che cessi il Quantitative Easing pompato da Mario Draghi nell’Eurozona e l’inflazione si attesti o superi valori del 2% e oltre, riportando appeal sul mercato obbligazionario che in questi anni ha conosciuto cedole basse o, addirittura, assenti (coupon stripping e zero coupon)